Informazione, narrazione o filtri? Come si presenta la notizia nell’era digitale? Dove la ricercano i giovani? E con quali competenze? Ma soprattutto si scontra con le nostre “fragilità”?
L’informazione è diventata “infodemia”. E di questo ce ne siamo resi drammaticamente conto nel periodo della pandemia. Vogliamo conoscere ogni cosa, essere informati su tutto, avere una risposta per ogni argomento, ma sappiamo realmente riconoscere le fonti autorevoli? Riusciamo a garantirci una visione imparziale, la più ampia e articolata possibile? O siamo nella cosiddetta “Bolla” in cui ci viene presentata in maniera costante solo un tipo di informazione? A cui noi mettiamo “like” garantendo all’algoritmo interesse e una profanazione precisa.
Grazie al digitale una visione ampia, articolata e da tanti punti di vista differenti è potenzialmente possibile: abbiamo accesso ad una quantità incredibile di informazioni, dati, statistiche, impensabile fino a pochi anni fa. Una grandissima opportunità democratica se gestita con competenza. Sì, perché per muoversi nel digitale, in un profluvio di informazioni dalla portata pressoché infinita, servono competenze digitali, oltre che critico-analitiche.
Uno degli errori più frequenti è quello di immaginare “facile, veloce e corretto”, ovvero lo so fare perché sono online tantissime ore al giorno. Oppure lo so fare perché faccio molti post. Oppure lo so fare perché conosco quell’argomento ed è la mia passione e ne so davvero molto. Dimenticando che siamo all’interno di un mezzo di comunicazione potentissimo e non “tra amici dentro quattro mura”. Il punto è che spesso quel virtuale lo sentiamo protetto, un luogo chiuso, ma il punto è che: uno screen shot, un’esporta chat, un’estrapolazione dal contesto diventa un contenuto passibile di manipolazione (salvo poi affidarsi alla legge per tutela e protezione). Siamo davvero certi che quei contenuti e quel dare consigli non siano nocivi per qualcun*?
Ma, a che prezzo? la disinformazione, le fake news e la difficoltà nel distinguere il vero dal falso hanno trasformato il panorama informativo in un campo minato.
In questi mesi è stato l’argomento sul quale abbiamo discusso in aula, con gli studenti del corso di Gestione del lavoro e comunicazione per le organizzazioni, curriculum di Comunicazione per le organizzazioni e le imprese e sul quale ho riflettuto profondamente a livello etico e sociale. Perché l’impatto dell’informazione e la sua influenza ha una responsabilità sociale come mai prima d’ora. E i primi responsabili siamo proprio noi. Ma a volte ce ne dimentichiamo.
Nel corso delle discussioni in aula sono emerse diverse caratteristiche dell’informazione contemporanea: inflazionata, corrotta, diversificata, iperveloce, iperconnessa, parziale, filtrata, distorta, accessibile, democratica, strategica, autorevole, fake, ambigua.
Viviamo nell’illusione della trasparenza?
Il digitale con le sue pressoché risposte infinite ci offre un’illusione di trasparenza. Il web ci ha promesso un’informazione libera e accessibile a tutti senza filtri. Ma il punto è che la realtà è ben diversa: i filtri ci sono e anche gli algoritmi e per gran parte noi ne siamo gli artefici. Ci stiamo tutelando? Ci interroghiamo su come ricerchiamo, cosa e soprattutto se ci stiamo “auto-profilando” inserendoci in “bolle filtro”?
Sì, perché i primi a creare filtri siamo proprio noi, quando in maniera automatica mettiamo like, seguiamo quell’account e tutti i contenuti correlati che ci vengono proposti. Si tratta di una filiera informativa pre impostata da algoritmi che noi decidiamo di leggere e, quindi, di confermare. Ma in questo modo, siamo davvero sicuri di non assecondare il nostro bias di conferma? E soprattutto di non auto limitare la nostra esposizione a punti diversi, necessari per costruire il nostro pensiero nella maniera più critica possibile?
Che cosa è emerso dalle numerose riflessioni, confronti e approfondimenti? Che il punto focale siamo noi, con le nostre credenze, con le nostre idee, con il nostro naturale desiderio di confermare ciò che pensavamo, “di avere ragione”. Una parte fondamentale che ci mette in capo la responsabilità delle nostre idee, delle nostre decisioni e dell’investimento giusto di tempo che dobbiamo fare. Oggi l’informazione è opportunità se investiamo tempo.
I social network sono diventati uno dei canali più utilizzati, soprattutto dai giovani, su cui informarsi. Ma siamo davvero certi di riconoscere l’informazione dal contenuto e la notizia dalla narrazione? Ci ricordiamo che chiunque può creare e diffondere notizie? E non sempre attendibili e autorevoli? E tutto questo, quanto può influenzare il pensiero, la fiducia su un determinato argomento fino addirittura manipolare la nostra opinione? Sappiamo riconoscere la differenza tra una fonte oggettiva, imparziale e autorevole da un creatore di contenuti con un forte seguito?
Ci stiamo tutelando?
Sembra tutto ovvio e scontato sulla carta e quando si affronta il tema, ma nella quotidianità e nelle azioni così non è, soprattutto per il fatto che per fare ciò i primi a metterci in discussione dobbiamo essere noi stessi, le nostre idee e le nostre azioni quotidiane. E questa è la parte più complessa. Siamo davvero disposti a riconoscere i nostri errori, bias, e tutte le nostre fragilità?
Se da una parte la ricerca della verità è sempre più complessa, il fact checking oggi si confronta con manipolazioni sempre più complesse e che “sfiorano” la perfezione, dalle immagini ai video; dall’altra c’è la “mancanza di tempo” e forse di volontà di dedicare attenzione a ciò che facciamo, scegliamo di guardare, di seguire e di filtrare. Lasciare condurre la “conversazione” significa infilarsi autonomamente in una bolla. Inserire consapevolezza e responsabilità, al contrario, significa investire tempo, attenzione e cura nel scegliere anche il contrario e evitare una targetizzazione pesante.
Cosa possiamo fare per costruire e rafforzare le competenze necessarie?
Di fronte a questo scenario, è fondamentale che ognuno di noi assuma un ruolo attivo e comprenda la responsabilità sociale che abbiamo. Dobbiamo sviluppare un pensiero critico, imparare a verificare le fonti e diffondere informazioni solo se ne siamo sicuri della veridicità. Quando leggiamo, quando condividiamo e quando articoliamo pensieri e visioni. Ma soprattutto quando ci imbattiamo in notizie o contenuti falsi o critici. Allo stesso tempo contribuire, insieme alle piattaforme digitali, ai governi e alle scuole nel promuovere l’educazione ai media e combattere la disinformazione.